Benedetta Sabene attacca il “femminismo” alla Freeda

Il femminismo mainstream oggi tocca per il 90% tematiche come bodyshaming, peli, accettazione di sé, girl power, libertà di gestire il proprio corpo. Il tutto meglio se condito con un po’ di spot pubblicitari, come fanno pagine come Freeda. Perché qualsiasi cosa possa fare profitto, nel sistema capitalistico, va spremuta il più possibile: basti pensare a Beyoncè, paladina delle lotte femministe, che paga pochi centesimi le lavoratrici che producono in Sri Lanka i capi della sua linea di abbigliamento.

La realtà che vivono ogni giorno la maggior parte delle donne, però, è molto diversa da quella su cui questo tipo di femminismo mette l’accento: precarietà, licenziamenti, impossibilità di potersi fare una famiglia, sfruttamento. E nel resto del mondo la situazione è anche peggiore. Eppure tutto questo non sembra interessarci. Perché?
Perché fa molto più comodo creare artificialmente una sorta di “solidarietà femminile”, piuttosto che rendere le donne consapevoli dei rapporti di forza economici esistenti in questa società: un’operaia srilankese NON ha nulla in comune con la sua padrona Beyoncè. Ma ha tutto in comune con il suo collega uomo, sfruttato e malpagato quanto lei.

Il più grande paradosso del femminismo commerciale è proprio questo: lottare per l’uguaglianza di genere senza lottare per l’uguaglianza sociale. Lottare, quindi, per un’emancipazione che non ci potrà mai essere in un sistema economico basato proprio sullo sfruttamento e sull’oppressione. Con l’aggravante di trasformare le lotte in profitto.

– Bendetta Sabene

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Benedetta Sabene attacks “Freeda femminism”

Today’s mainstream feminism is for the 90% about themes as bodyshaming, hair, self-acceptance, girl power, freedom to manage one’s own body. All better if seasoned with a few commercials, as many well-known FB pages do (as the italian Freeda, for example – link). In the capitalist system, anything that can make a profit must be squeezed as much as possible: just think about Beyoncè, a champion of feminist fights, who pays a few cents the women working in Sri Lanka to produce the items of her clothing line.

The reality that most women live every day, however, is very different from the on which this type of feminism puts the emphasis on: precariousness, layoffs, inability to have a family, exploitation. And in the rest of the world the situation is even worse. Yet, all this does not seem to interest us. Why is that?

Because it is much more convenient to artificially create a sort of “female solidarity”, rather than making women aware of the economic power relations existing in this society: a Sri Lankan female worker has NOTHING in common with her boss Beyoncè. But she has EVERYTHING in common with her fellow man, as much exploited and badly paid as she is.

The big paradox of commercial feminism is precisely this: fighting for gender equality without fighting for social equality. To fight, therefore, for an emancipation that can never be found in an economic system precisely based on exploitation and oppression. With the aggravating feature of transforming struggles into profit.

– Benedetta Sabene

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Fuori dalla mischia: uno sguardo oltre l’ideologia no-border

Immigrazione – una tematica difficile quanto centrale nelle discussioni politiche di oggi giorno. Quando se ne parla sembrerebbe che la maggior parte delle volte le persone abbiano già investito in posizioni assolute, difficilmente discutibili e dove il pregiudizio alle critiche è frequente – tutti fattori per cui avere un dialogo è conseguentemente difficile se non impossibile. Argomento tosto si, ma non per questo dovremmo essere timidi nell’avere discussioni e cercare di elaborare soluzioni ai problemi che tale fenomeno comporta.

Quando si parla di confini, siamo solitamente indotti a fare riferimento a quelli di natura fisica (come quelli nazionali che dividono gli Stati), la politica di oggi, inoltre, alimenta spesso un immaginario fatto di reticolati, muri, filo spinato, etc. È bene, tuttavia, tenere a mente che non esistono solo confini di questo tipo. Oggi Il termine border, infatti, fa riferimento tanto ai confini di natura fisica quanto a confini di altra natura che potremmo definire di capitale, confini economici, insomma, che vengono solitamente regolati dagli accordi presi in particolare sul commercio e come nell’esempio dei mercati finanziari. Il NAFTA (North American Free Trade Agreement) abbatte il confine per capitale tra gli USA, il Canada ed il Messico, costringendo le attività economiche di quest’ultimo (in particolare l’agricoltura) a competere direttamente con tutto il nord America. Già che ci siamo, definiamo anche i due motivi diversi (ma spesso sovrapposti) per il quale esistono le migrazioni di massa: povertà, e guerra; quindi abbiamo migranti tanto per motivazioni economiche quanto rifugiati fuggiti da conflitti. Continua a leggere

Chi insulta i gilet gialli insulta anche mio padre

Édouard Louis è uno dei più brillanti giovani romanzieri francesi, enfatizza il suo lavoro sulle umiliazioni quotidiane e la brutalità della vita nella Francia rurale. Critico del governo di Emmanuel Macron, è stato un fervente sostenitore delle proteste dei “gilet jaunes” o “gilet gialli” che hanno attraversato il paese nelle ultime settimane, scatenate da una serie di tensioni sull’aumento del prezzo del carburante. In particolare, lo scrittore ha combattuto i tentativi dei media di etichettare i manifestanti come “idioti di campagna” o stupidi oppositori del progresso. In questo testo, originariamente pubblicato su Les Inrockuptibles, Louis proclama che “coloro che insultano i gilet jaunes stanno insultando persone come mio padre“.


È da qualche giorno ormai che cerco di scrivere un testo su e per i gilet jaunes, ma non ci riesco. Qualcosa nell’estrema violenza e nel disprezzo di classe che sta martellando questo movimento mi lascia paralizzato. Perché in un certo senso sento di essere personalmente preso di mira.

È difficile per me descrivere lo shock che ho provato quando ho visto le prime immagini dei gilet jaunes. Nelle foto che accompagnano gli articoli ho visto corpi che quasi mai compaiono nello spazio pubblico e mediatico – corpi sofferenti devastati dal lavoro, dalla fatica, dalla fame, dall’umiliazione permanente di chi è dominato dal dominante, dall’esclusione sociale e geografica. Ho visto corpi stanchi e mani stanche, schiene rotte e volti esausti. Continua a leggere

Ci sarà pace in Donbass solo quando il regime di Kiev sarà rovesciato: Miliziana della “Prizrak”

Tatiana Rybalko, originaria di Mariupol, non si è arresa dopo essere sfuggita dalle camere di tortura di Kiev; è diventata volontaria nella Brigata Fantasma.

Alexey Albu: Parlaci di te. Chi eri prima della guerra, cosa facevi?

Tatiana Rybalko: Prima della guerra, ho lavorato nell’acciaieria di Mariupol, fino al momento in cui sono stata catturata. Dal 2010 ero membro del Partito Comunista [NDR: d’Ucraina, KPU], e sono stata più volte rieletta Segretaria della cellula del partito, membro del Comitato di Distretto, Assistente Segretaria del Comitato di Distretto. Continua a leggere

Coloro che ballano sulla tomba di Fidel potrebbero rimanere presto delusi

Mentre la morte del leader rivoluzionario cubano Fidel Castro è stata causa di dolore e tristezza in tutto il mondo, molti non hanno saputo nascondere la propria gioia. Gli analisti politici spiegano a RT il perché di questo “ballare sulla tomba del leone”.

“Cuba non era altro che un casinò, un bordello, prima della rivoluzione cubana guidata dall’uomo che è morto ieri” afferma l’ex deputato britannico George Galloway. “E le persone fuggite da Cuba per Miami, la generazione Scarface, erano quelle diseredate dalla rivoluzione cubana, quando i casinò sono stati trasformati in scuole e università, quando sono scomparsi i bordelli. E si festeggia per la stessa ragione per la quale centinaia di milioni di persone in tutto il mondo sono in lutto: la morte di qualcuno che era una star, che ha fatto di Cuba il posto più bello del pianeta.” Continua a leggere

Firenze, colletta nella chiesa ucraina per comprare equipaggiamenti militari

Sul volantino giallo, sopra la scritta: “Il popolo deve essere unito per non far morire l’Ucraina” c’è un’immagine ripresa da un videogioco di guerra, Battlefield. Un soldato, sguardo fiero e arrabbiato con metà corpo avvolto dalle fiamme. E dietro un carro armato che avanza verso il nemico. Un’immagine che contrasta con il luogo dove viene e sarà diffuso: la chiesa dei Santi Simone e Giuda a Firenze e la chiesa di San Francesco, a Prato, luoghi di ritrovo della comunità ucraina delle due città toscane. Il volantino è pubblicato anche sulla pagina Facebook della “Chiesa Greco-Cattolica Ucraina in Firenze”. Continua a leggere

Il Partito Comunista e i lavoratori in piazza: l’UE non è riformabile

25 Marzo 2017, Roma: «Nessuna illusione sulla riformabilità dell’Unione Europea: i comunisti lottano per l’uscita dell’Italia dall’UE, dall’euro e dalla NATO: per il socialismo», è quanto ha scandito il Segretario Generale del Partito Comunista Marco Rizzo dal palco allestito sabato a Piazzale Tiburtino.

E’ stato un grande evento internazionalista e di classe contro l’UE, quello che in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma che diedero vita a quella che oggi è l’Unione Europea, ha visto scendere in piazza il Partito Comunista per ribadire la propria posizione sull’Europa e sulla moneta unica. Ai molti che cercano di accomunare la posizione comunista con una sovranista e di estrema destra, la piazza ha risposto: socialismo. «La destra sovranista, la si chiami così, vuole un’uscita ma non spiega il ‘dopo’ – ha commentato alla stampa il SG Rizzo – noi abbiamo un’idea chiara: fuori da UE, euro e NATO per il socialismo». Ripercorriamo questa splendida giornata con i vari interventi che si sono susseguiti dal palco. Continua a leggere

An Interview with Mira, Andrei, and Sascha of AntiFascist Action Ukraine‏

Sascha, Andrei, and Mira are members of AntiFascist Union Ukraine, a group that monitors and fights fascism in Ukraine. We sat down to talk about the influence of fascism in EuroMaidan, this is what they told me:

Sascha: There are lots of Nationalists here, including Nazis. They came from all over Ukraine, and they make up about 30% of protesters.

Mira: The two biggest groups are Svoboda and Pravy Sektor (Right Sector). The defense forces aren’t 100% Pravy but a large percentage is.

S: Svoboda is more legal as a group, but they also have an illegal militant faction. Pravy Sektor is more illegal, but they want to usurp Svoboda.

M: There’s a lot of infighting between Pravy and Svoboda. They worked together during the violence but now everything is calm so there’s time to focus on each other. Pravy and Svoboda both take donations and they have lots of money. Recently Pravy has all these new uniforms, military fatigues. Continua a leggere

Intervista con Mira, Andrey e Sasha, antifascisti ucraini

Sasha, Andrey e Mira sono membri dell’Unione Antifascista Ucraina, un gruppo che monitora il fascismo in Ucraina e lo combatte. “Ci siamo seduti per discutere dell’influenza del fascismo su EuroMaidan”, questo è ciò che mi hanno detto.

Sasha: Ci sono molti nazionalisti qui, inclusi i nazisti. Sono venuti da tutta l’Ucraina e costituiscono circa il 30% di chi protesta.

Mira: I due gruppi più grandi sono Svoboda e Pravy Sektor. Le forze della difesa non sono tutte di Pravy, ma ne fa parte una buona percentuale.

Sasha: Svoboda è un gruppo con maggiori caratteristiche interne alla legalità, sebbene contenga una fazione militante illegale. Pravy Sektor è più illegale, ma vorrebbe spodestare Svoboda.

Mira: Ci sono continue diatribe tra Pravy e Svoboda. Hanno lavorato in accordo durante le fasi più calde della rivolta, ma ora che le cose si sono calmate hanno tempo per concentrarsi gli uni sugli altri. Entrambi i gruppi accettano donazioni e hanno molti soldi. Ultimamente Pravy Sektor ha nuove uniformi, vere e proprie divise militari. Uno degli aspetti peggiori di Pravy Sektor è proprio la sua struttura militaresca. E’ un gruppo fortemente strutturato. Servono permessi per andare in certi posti. Loro hanno l’autorità di permettere o meno alla gente se contribuire attivamente alla rivolta. Noi cerchiamo di farlo ma dobbiamo fare attenzione ai nazisti. Di sicuro non intendo chiedere il permesso a un nazista! Continua a leggere