La crisi bielorussa attraverso la lente dell’Ucraina

Traduzione dell’articolo di Dmitriy Kovalevich del 27 agosto 2020

Manifestazioni in Bielorussia del 2020 e le manifestazioni in Ucraina nel 2014

Questa estate, la situazione in Bielorussia e le proteste che hanno travolto il paese, hanno dominato quasi completamente l’agenda dei mass media ucraini.

Il 9 agosto si sono tenute le elezioni presidenziali nella vicina Bielorussia. Secondo il CEC [Comitato Elettorale Centrale] bielorusso, sono state vinte dal presidente in carica Alexander Lukashenko, che governa il paese dal 1994. L’opposizione non ha riconosciuto i risultati delle elezioni, invitando i suoi sostenitori a protestare nelle strade, agendo secondo lo scenario delle “Rivoluzioni colorate”.

La violenza della polizia innesca la risposta

Durante le prime manifestazioni la polizia ha disperso i manifestanti facendo uso della violenza. Successivamente si sono innescate le proteste di diversi collettivi di lavoratori, poiché molti di essi, pur non partecipando alle proteste iniziali, sono stati attaccati erroneamente dalla polizia. È interessante notare che l’opposizione ha chiesto scioperi solo nelle imprese statali (la stragrande maggioranza in Bielorussia), senza mai invitare i lavoratori delle imprese private o straniere a scioperare.

Solo una settimana dopo le elezioni, sono stati organizzati cortei e manifestazioni altrettanto massicci, a sostegno del presidente in carica, nei quali ha avuto parte attiva anche il Partito Comunista di Bielorussia.

Confronto con Euromaidan 2014

In molti paragonano le proteste in Bielorussia con il colpo di stato ucraino del 2014, chiamato “Euromaidan”. Ci sono davvero molte caratteristiche comuni, ma ci sono anche differenze significative. Lukashenko ha perseguito una politica sociale abbastanza equilibrata. In Bielorussia, la maggior parte delle grandi imprese è stata nazionalizzata, sono di proprietà statale. Non ci sono oligarchi in Bielorussia e, di conseguenza, non ci sono grandi media di proprietà di oligarchi, come quelli che hanno innescato i manifestanti ucraini durante Euromaidan. Il tenore di vita e le garanzie sociali in Bielorussia sono molto più alti che in Ucraina e le tariffe per gas ed elettricità sono inferiori di circa il 50%. Anche i prezzi del cibo sono notevolmente inferiori.

Secondo recenti sondaggi, gli ucraini considerano Alexander Lukashenko il migliore tra i leader stranieri.[1] Per via questa fiducia Minsk è stata scelta come piattaforma per i negoziati per risolvere il conflitto nel Donbass.

L’impatto sull’Ucraina degli eventi in Bielorussia

Gli eventi in Bielorussia hanno diviso la società ucraina. I sostenitori di Euromaidan, i nazionalisti e gli attivisti delle ONG occidentali sostengono i manifestanti bielorussi. Pavel Klimkin, ex ministro degli Esteri ucraino, ha affermato che l’esito delle proteste in Bielorussia è una questione di sopravvivenza dell’Ucraina. Ha scritto: “Le elezioni in Bielorussia non saranno un punto di arrivo. Tutto il divertimento inizierà dopo. Dobbiamo lottare per una Bielorussia europea, non possiamo e non dobbiamo perdere questa battaglia, è una questione di sicurezza e di esistenza”.[2]

I nazionalisti ucraini e neonazisti si sono precipitati in Bielorussia per aiutare a realizzare una sorta di Euromaidan nel paese. Secondo il concetto promosso dall’estrema destra ucraina: Polonia, Ucraina, Lettonia, Lituania, Estonia e Bielorussia dovrebbero essere unite in una confederazione anti-russa, la quale dovrebbe diventare una sorta di fortezza della “razza bianca” che si opponga sia alla “Russia asiatica” sia all’Europa occidentale, “rovinata dagli immigrati”. I neonazisti ucraini del gruppo C-14 sostengono i manifestanti bielorussi con bandiere usate sia dalla moderna opposizione bielorussa che dai collaboratori nazisti durante la seconda guerra mondiale.[3]

“Stavano preparando questo casino contro di noi”

Un concetto simile viene promosso dai cosiddetti esperti del Consiglio Atlantico, citando solo la necessità di creare una zona cuscinetto tra Europa e Russia. Il reale obiettivo è, molto probabilmente, minare le relazioni commerciali tra Russia/Cina ed Europa occidentale.[4] Finora la Bielorussia è stata l’anello mancante di questa catena.

Il presidente Lukashenko afferma che l’opposizione è manovrata dalla Polonia e i paesi della UE si stanno accodando all’azione degli Stati Uniti:

“Stavano preparando questo casino contro di noi. E la Russia aveva paura di perderci. L’Occidente ha deciso di metterci in qualche modo, ovviamente – come vediamo ora – contro la Russia. Adesso vogliono creare questo corridoio del Baltico-Mar Nero, una sorta di zona cuscinetto: le tre repubbliche baltiche, noi e l’Ucraina. Siamo un anello di questa catena. Gli Stati Uniti stanno pianificando e dirigendo tutto questo, e i paesi della UE stanno al gioco. È stato ordinato – lo faranno. Un centro speciale è stato istituito vicino a Varsavia. Stiamo guardando, sappiamo cosa fa. Cominciano a brandire le armi. Sai, quando accadono cose inquietanti nelle vicinanze, quando i carri armati iniziano a muoversi e gli aerei volano nelle vicinanze, non è una coincidenza.”[5]

Anche in questo caso, allo stesso tempo, il presidente Zelensky e gli ufficiali ucraini non hanno fretta di schierarsi da una parte o dall’altra; sono pronti ad aspettare. E una delle ragioni di ciò è l’importanza della Bielorussia per l’economia dell’Ucraina e di tutta l’Europa orientale.

Il significato della “finestra bielorussa”

Dopo l’imposizione delle sanzioni contro la Federazione Russa, l’economia ucraina è diventata fortemente dipendente dalla “finestra bielorussa”, attraverso la quale le merci russe vengono fornite all’Ucraina e quelle ucraine alla Russia. Per anni la Bielorussia ha approfittato della rietichettatura delle merci come “prodotte in Bielorussia”. Il paese è diventato il principale fornitore di frutti di mare per tutti i paesi post-sovietici che non hanno coste. Fornisce due volte di più di frutta alla Russia di quanta ne sia in grado di produrre. È possibile acquistare prodotti russi in ogni supermercato ucraino; sono semplicemente contrassegnati come “prodotti in Bielorussia”.

Dopo la Russia, l’Ucraina è al secondo posto nell’elenco dei principali destinatari delle esportazioni bielorusse, per un totale di circa 4 miliardi di dollari. Nella lista dei principali importatori della Bielorussia, l’Ucraina è al quarto posto (un volume totale di 1,5 miliardi di dollari).

L’analista finanziario ucraino Vasyl Nevmerzhitskiy ritiene che, se verranno chiuse le frontiere da parte della Bielorussia (in caso di gravi problemi politici), ciò avrà un impatto negativo sul bilancio dell’Ucraina, poiché perderebbe una delle principali fonti di approvvigionamento:

“Se chiudono le frontiere in Bielorussia a causa di disordini pubblici allora il nostro fatturato commerciale diminuirà notevolmente. Dopotutto, attraverso questo vicino l’Ucraina acquista non solo beni bielorussi, ma anche russi. La fornitura di beni verrà immediatamente ridotta a due partner commerciali chiave. Questo colpirà il bilancio ucraino, poiché la riscossione del VAT [IVA] e dei dazi doganali, così come il nostro mercato valutario, diminuirà.”[6]

L’impatto sull’industria, il commercio e l’economia dell’Ucraina

Tuttavia, la pietra angolare delle relazioni economiche ucraino-bielorusse sono il petrolio ed i sottoprodotti petroliferi. Sebbene la Bielorussia non sia un paese produttore di petrolio, è la principale fonte di petrolio e gasolio per il mercato ucraino. Circa il 35% della benzina viene fornita all’Ucraina dalla Bielorussia e circa la stessa quantità dalla Federazione Russa tramite la Bielorussia. Il petrolio viene importato principalmente dalla raffineria di petrolio Mozyr in Bielorussia attraverso Korosten, nella regione di Zhytomyr in Ucraina. Come affermano gli analisti ucraini dal 2014, nessun carro armato ucraino si muoverebbe senza il petrolio fornito dalla Bielorussia.

Inoltre, poiché l’industria ucraina è in gran parte crollata, Kiev ora ripara i suoi veicoli militari e gli aerei anche in Bielorussia. Minsk è diventata un’intermediaria, lavora per contratti militari sia per la Russia che per l’Ucraina (spesso nelle stesse fabbriche). La Bielorussia fornisce veicoli militari e dispositivi ottici sia all’esercito russo che a quello ucraino.

Poiché l’Ucraina ha vietato i voli per la Russia, nonostante milioni di cittadini vi lavorassero, gli ucraini devono volare in Russia attraverso la Bielorussia. Allo stesso modo, i russi visitano i loro parenti in Ucraina facendo scalo in Bielorussia.

Pertanto, nel sostenere i manifestanti in Bielorussia, le autorità ucraine avrebbero agito contro i propri interessi economici. Tuttavia, sotto la pressione degli Stati Uniti, prima o poi dovranno decidere quale posizione adottare. I nazionalisti ucraini e gli attivisti delle ONG finanziate dall’Occidente hanno già deciso, ma le loro azioni a sostegno dell’opposizione bielorussa a Kiev non stanno radunando più di una dozzina di persone. Avendo già sperimentato due rivoluzioni colorate e un periodo di repressione statale, la sinistra ucraina chiede che l’attenzione si concentri sulle questioni economiche piuttosto che politiche durante la crisi bielorussa. È questa la domanda che l’opposizione bielorussa sta cercando di mettere a tacere, sostenendo che è necessario prima rovesciare Lukashenko, e poi – “vedremo”. Allo stesso tempo, il programma economico dell’opposizione, pubblicato a giugno sul sito zabelarus.com, suggerisce riforme neoliberiste e privatizzazioni di massa.[7]

Punto di vista alternativo sugli eventi

L’organizzazione marxista ucraina Borotba, bandita in Ucraina dopo la rivoluzione colorata del 2014, avverte che il programma economico dell’opposizione bielorussa è contro gli interessi dei lavoratori e sta cercando di manipolarli:

“La rappresentazione dello scontro tra il “popolo” e il “dittatore” imposto dai media imperialisti non dovrebbe mettere in ombra un’analisi politica e di classe. La solidarietà per le vittime della brutalità della polizia non significa sostenere la loro agenda politica.”

“La forza trainante nelle proteste contro il regime di Lukashenko è stata la classe media urbana, che è cresciuta e si è rafforzata durante gli anni di relativa prosperità economica. La classe media ha cominciato a considerare restrittiva la struttura del welfare state paternalistico, sposando la visione del “mercato libero” e della “libera impresa”. Non avendo esperienza delle riforme neoliberiste che hanno distrutto le economie di Ucraina e Russia, una parte significativa del popolo bielorusso vede il futuro del proprio paese nella “libertà” guidata dal mercato.”

“Tuttavia, è improbabile che un programma neoliberista di privatizzazione su larga scala, tagli alla salute e la libertà di licenziare piaccia alla maggior parte dei lavoratori. Questo è il motivo per cui il programma di “riforma”, inizialmente ampiamente pubblicizzato dalla candidata dell’opposizione Sviatlana Tsikhanouskaya e dai suoi sostenitori, è stato in seguito sostanzialmente nascosto. Ma era troppo tardi”[8]

Ciò che è ovvio per gli ucraini che seguono da vicino gli eventi nel paese vicino, indipendentemente dall’esito delle proteste, è che la Bielorussia non sarà la stessa di prima dell’agosto 2020. Se Lukashenko rimane al potere, la sua posizione sarà più debole e dovrà fare concessioni significative ai partner commerciali esteri. Qualsiasi cambiamento di potere in Bielorussia può comportare il rischio di un lungo periodo di instabilità, la chiusura di grandi imprese e conflitti civili, poiché l’opposizione liberale non può fare affidamento sul sostegno delle masse o dimostrare la sua legittimità.

La bandiera bianca e rossa delle rivolte bielorusse: simbolo di collaborazionisti nazisti e controrivoluzionari

Una caratteristica delle recenti proteste bielorusse è l’uso da parte dei manifestanti di una bandiera bianco-rossa. Poco dopo l’annuncio del risultato delle elezioni del 9 agosto, le strade di Minsk sono state inondate di manifestanti sostenuti dall’opposizione che sventolavano queste bandiere.

Ma qual è il vero significato della bandiera bianco-rossa bielorussa e qual è la storia dietro di essa?

Quella bandiera è stata utilizzata per la prima volta dall’anti-bolscevica Repubblica Popolare Bielorussa (Biełaruskaja Narodnaja Respublika – BNR), la quale ebbe breve vita: durò tra il marzo 1918 e il febbraio 1919. Durante il periodo tra le due guerre mondiali, è stata utilizzata occasionalmente da organizzazioni politiche, come il partito conservatore Democrazia Cristiana Bielorussa (1927), ma anche da organizzazioni non politiche.

Tuttavia, la bandiera bianco-rossa è emersa di nuovo durante la seconda guerra mondiale, come simbolo dell’amministrazione nazista in Bielorussia, apparendo anche sulle toppe del braccio dei collaborazionisti nazisti bielorussi che si erano offerti volontari nell’esercito tedesco e nelle SS. Inoltre, la bandiera fu usata dal “Consiglio Centrale Bielorusso”, uno Stato collaborazionista e antisovietico esistito tra il 1943 e il 1944.

Quanto affermiamo sopra è confermato da una pletora di documenti e immagini risalenti alla seconda guerra mondiale.

“Consiglio Centrale Bielorusso” – bandiera bielorussa bianca e rossa con la svastica.

Le principali domande che sorgono sono: i manifestanti in Bielorussia – in particolare le giovani generazioni – che sventolano la bandiera bianco-rossa, conoscono il vero significato di questo simbolo?

Sanno che la bandiera, sotto la quale protestano, è stata ampiamente utilizzata da collaborazionisti, traditori e codardi che hanno servito gli invasori nazisti?

Si rendono conto che sventolando la bandiera bianco-rossa tradiscono la memoria dei loro nonni e bisnonni che combatterono contro i nazisti?

Comparazione delle bandiere sventolate dai manifestanti e dai collaborazionisti bielorussi

La stessa bandiera bianco-rossa è stata usata di nuovo nei primi anni ’90, dopo la dissoluzione dell’URSS, come simbolo anti-sovietico e anticomunista dai controrivoluzionari bielorussi.

Non è una coincidenza che i fascisti ucraini e polacchi sostengano apertamente il movimento di opposizione bielorusso. Soprattutto nel caso dell’Ucraina, sappiamo tutti a cosa ha portato il Maidan di Kiev del 2014, sponsorizzato da Unione Europea e la NATO, e come i neonazisti abbiano acquisito posizioni nel governo successivo alla rivolta.

La Bielorussia non deve diventare una nuova Ucraina. I giovani della Bielorussia non devono cadere vittime delle false promesse fatte dall’opposizione sostenuta dalle potenze straniere.

La bandiera bielorussa bianco-rossa nelle loro mani non è solo un insulto per l’orgoglioso passato del paese, ma anche un segno preoccupante per il suo futuro.

Articolo tradotto da In Defense of Communism

Giornalista indaga su presunti rapporti tra nazisti e StopFake.org, costretta a fuggire da Kiev

Katerina Sergatskova, 32 anni, cittadina ucraina di origini russe, è editrice del giornale Zaborona, che si è spesso concentrato su questioni ignorate dai media ucraini, tra cui il nazionalismo e l’estrema destra. Il 3 luglio, la Sergatskova è stata co-autrice di un’indagine relativa ai collegamenti tra gruppi neonazisti e StopFake.org, una ONG ucraina che lavora come partner di Facebook per il fact-checking.

La giornalista Katerina Sergatskova

Il rapporto descriveva in dettaglio diversi casi di comparsa in pubblico di alcuni volti noti di StopFake accanto a musicisti appartenenti a gruppi white-power, negazionisti dell’Olocausto. L’aver scoperto tali collegamenti gli sarebbe valsa la rimozione [da Facebook] di un precedente articolo di Zaborona sull’attivista di estrema destra Denis Nikitin.

StopFake ha risposto alle accuse affermando di non essere mai stata autorizzata a bloccare i materiali e ha respinto le accuse definendole “una cospirazione filo-russa”.

L’articolo ha inoltre suscitato una reazione immediata da parte della destra, sia pubblicamente sui social media che privatamente, nei messaggi inviati alla giornalista.

Sabato, Roman Skrypin, un famoso giornalista nazionalista, ha pubblicato le foto della Sergatskova e di suo figlio di cinque anni, insieme alle fotografie di quella che credeva fosse la sua casa, accusandola di essere un agente del Cremlino, una descrizione che gli amici della giornalista considerano assurda.

Nei commenti di risposta sotto al post su Facebook di Skrypin, gli utenti hanno rivolto ogni tipo di minaccia alla Sergatskova e hanno rivelato dettagli sul suo indirizzo di casa. Il post originale su Facebook e i commenti delle figure di estrema destra sono stati eliminati a seguito di molteplici reclami. Ma ulteriori post offensivi dello stesso giornalista rimangono intoccati. “Mi bloccate un post”, ha scritto Skyrpin, “e ne scriverò altri 10”.

Sergatskova ha lasciato la capitale ucraina con la sua famiglia lunedì sera, temendo per la propria vita. Queste paure non sono in contrasto con le storie di estrema violenza che hanno coinvolto l’estrema destra ucraina e con i sospetti sui legami tra gruppi neonazisti e le forze dell’ordine.

Nel 2015, Oles Buzyna, un giornalista e scrittore filo-russo è stato assassinato il giorno dopo che il suo indirizzo era trapelato, insieme a quello di altre centinaia di giornalisti, da Myrotvorets, un sito web collegato con il Ministero dell’Interno ucraino.

Un anno dopo, il giornalista Pavel Sheremet viene assassinato nella sua auto nel centro di Kiev. Finora l’indagine ufficiale non è riuscita a indicare sospetti convincenti, anche se un’altra indagine condotta dai suoi colleghi concludeva che i servizi di sicurezza ucraini avrebbero potuto sapere qualcosa al riguardo.

Sergatskova ha dichiarato a The Independent di aver denunciato le minacce alla polizia, ma che non si aspetta una reale protezione da parte loro.

“Non ci sentiamo al sicuro e i burocrati tacciono, come puoi sentirti sicura sapendo quanto strettamente l’estrema destra è collegata alla polizia e ai servizi di sicurezza?”

Anton Shekhovtsov, docente esterno all’Università di Vienna, ed esperto di movimenti di estrema destra nell’Europa orientale, ritiene che lo stato ucraino non “respinga sistematicamente” i movimenti nazionalisti. A volte è stato difficile distinguere la partecipazione attiva in un’organizzazione nazionalista, rispetto all’infiltrazione, ha detto.

“Non è sempre chiaro se il governo stia facendo qualcosa, ma si infiltrano e smantellano alcune delle organizzazioni più estreme”

L’estrema destra ucraina è composta da diversi gruppi: “I gruppi in cui è coinvolto il Ministero dell’Interno non sono gli stessi dei gruppi come il S14 menzionato nel pezzo di Zaborona“. S14, è un’organizzazione di estrema destra sospettata di numerosi crimini gravi, tra cui le violenze contro la comunità rom in Ucraina e l’omicidio di Oles Buzyna.

Zaborona ha suggerito che l’ONG di fact-checking StopFake abbia collegamenti con il gruppo tramite Marko Suprun, un loro presentatore sul canale YouTube. Suprun, marito canadese dell’ex Ministro della Sanità ucraino, è stato mostrato insieme ad ex membri di S14 e altre figure di estrema destra, tra cui una persona condannata per omicidio per motivi razziali.

Anche Yevhen Fedchenko, direttore di StopFake e della scuola di giornalismo dell’Accademia Mohyla di Kiev, ha in passato twittato in difesa di S14. Parlando con The Independent, Fedchenko ha dichiarato di non avere commenti ufficiali da fare, dato che intende portare il caso in tribunale.

“Quello sarà il posto per chiarimenti, queste sono accuse serie.”

Traduzione dell’articolo di Oliver Carroll per The Independent del 14/7/2020.


Note

  • Articolo di Zaborona sui contatti tra nazisti e StopFake.org
  • Articolo di Zaborona su Denis Nikitin cancellato da Facebook
  • Marko Suprun in foto insieme a diversi nazisti
  • Pagina twitter di Mauro Voerzio, responsabile italiano di StopFake.org

Hanno ucciso “Volk”

Volk, combattente della DKO (Unità dei volontari comunisti)

di Alexander Ivanov

«Apprezzo molto la nostra amicizia, la nostra lotta e quanto sei forte nello spirito, non ti arrendi nonostante ciò che sta accadendo. È difficile e ti rispetto davvero per questo. E, soprattutto, credo in te, abbiamo da davanti a noi tante battaglie di classe.
Ma se cadi in battaglia: rispetto e memoria eterna. Il tuo coraggio e la tua testardaggine, la tua fiducia e dignità rimarranno per secoli. Il dolore in me sarà irreparabile.»

Dalla corrispondenza personale

Io e Anton Korovin ci siamo conosciuti ai tempi dell’università. Siamo entrati nel movimento comunista quasi nello stesso momento, siamo diventati marxisti insieme e per tutti questi anni siamo stati amici. E rimarremo amici, questo tipo di persone non muoiono – diventano eroi, stanno nei ranghi di coloro che hanno vissuto e combattuto per un mondo migliore e hanno raggiunto l’immortalità. Come può morire un amico e un compagno con il quale sei andato a scuola e hai autopubblicato il “Manifesto del Partito Comunista”? Alla dolorosa domanda “Chi te lo fa fare di rimanere nella guerra?”, Per molti anni ha sempre risposto con un sorriso: “Se non io, allora chi?”

Sognava di laurearsi per insegnare storia. Il suo sogno ha persino iniziato a diventare realtà quando è entrato all’università di Lugansk. Era molto preoccupato perché non riusciva a decidere l’argomento per la tesi di laurea. È stato sfortunato a causa di Minsk – il capitalismo ha infranto i suoi desideri e lo ha mandato a lavorare duramente per 12 ore in un magazzino. Non aveva più tempo…

Abbiamo sempre litigato molto. Sulla guerra, sulla pace, sulla vita, sul comunismo. Avremmo potuto discutere di qualsiasi argomento giorno o notte. Nel bel mezzo della notte, avremmo bevuto il caffè e fatto una passeggiata, solo per rimanere svegli. Ma non era solo un compagno forte nei dibattiti. Ha sostenuto la sua famiglia e ha lavorato duramente. Aiutava sempre gli altri e non poteva tollerare l’ingiustizia. Ci sono pochissime persone del genere.

Nel primo decennio di questo secolo abbiamo avuto un piccolo gruppo comunista. Abbiamo pubblicato testi, organizzato seminari e cercato sostenitori sui social network. Ma alla fine del 2014 tutto è diventato molto più serio, ed è andato a difendere la ribellione nel Donbass come parte dell’Unità dei volontari comunisti (DKO).

Vale la pena soffermarsi sul motivo per cui il comunista Anton si era unito alla Prizrak [la Brigata “Fantasma”]. La guerra civile in Ucraina era appena cominciata. Le manifestazioni di Euromaidan si erano trasformate in un golpe e in un massacro sanguinoso nel centro di Kiev. Il paese stava crollando e a maggio i nazisti avevano bruciato vivi i nostri compagni nella Casa dei sindacati di Odessa. Quel mondo già fragile si stava letteralmente sgretolando sotto i nostri occhi. In estate, i battaglioni punitivi ucraini e le forze armate ucraine avevano assediato e bombardato Lugansk e Donetsk, che non avevano accettato il colpo di stato fascista. Una vera guerriglia è scoppiata alla periferia delle regioni. Venne formata una milizia e i volontari iniziarono ad andare a Donbass in massa.

Le milizie crebbero rapidamente, ma erano tutte molto diverse fra loro. In estate si formò la Brigata Fantasma, che non combatteva per un potere astratto a Lugansk. I “Fantasmi” andarono a Lysychansk dove fecero le loro prime battaglie, respingendo l’avanzata dei nemici delle Repubbliche [popolari di Lugansk e Donetsk]. Il comandante era Alexej Mozgovoj. I comunisti prestarono immediatamente attenzione a lui e alla sua brigata. Alexej Borisovich si distinse radicalmente dalla folla. Le sue idee erano chiare:

Per prima cosa, organizzare un Consiglio dei comandanti era una necessità tattica. Era necessario il Consiglio dei comandanti: l’anarchia e la confusione sul fronte non potevano portare a nulla di buono, e l’esercito ucraino aveva già affrontato unità ribelli e aveva acquisito esperienza, si stava preparando per una nuova offensiva contro le repubbliche.

Secondo, una cosa vicina ai nostri cuori: la guerra contro la guerra. Il Donbass si era ribellato contro il colpo di stato a Kiev, ma invece dell’indipendenza aveva ottenuto delle granate. I capitalisti hanno scatenato la guerra per i propri interessi. I poveri non hanno bisogno di combattere l’un l’altro, ma rivolgono le loro baionette contro coloro che hanno scatenato il massacro.

Mozgovoj era sincero e si unirono consapevolmente alla sua brigata per combattere. Non per l’adrenalina, non per i trofei e non per sfuggire dai problemi o da una vita noiosa. Si unirono a lui per combattere contro la guerra, per la pace.

Quando Anton mi parlò dei suoi piani nell’autunno del 2014, non potevo credere che il mio compagno intelligente e responsabile, che già portava molto sulle sue spalle, sarebbe andato a combattere. È stata una decisione molto importante. Non ha mai gettato parole al vento, faceva sempre quello che diceva. L’unica cosa che non mi ha sorpreso è stata la sua scelta della Brigata “Fantasma”.

Poi c’è stata Kommisarovka, Debaltsevo. Kirovsk, posti di blocco e trincee infinite in prima linea. Passavano settimane senza ricevere suoi messaggi, e quindi leggere una risposta nel cuore della notte: “Come ti chiamano al fronte?” “Volk” [lupo], quello era il suo nome di battaglia. Odiava la guerra e cercava di parlarne il meno possibile. Potevamo discutere all’infinito degli ufficiali dell’esercito e di come l’accordo di Minsk-2 ha legato le loro mani e prolungato la guerra. Queste scelte politiche non fecero altro che schiacciare coloro che difendevano l’indipendenza del Donbass nella morsa dei litigi imperialisti.

La guerra non aveva cambiato molto Anton. Solo i suoi occhi tradivano la sua esperienza di combattente; questi risaltavano sul suo giovane viso. È sempre rimasto un comunista, fortemente interessato a ciò che stava accadendo nel nostro paese e nel mondo. Nelle sue rare e brevi visite a Mosca, ha cercato di partecipare il più possibile a tutti gli eventi e gli incontri. Ha partecipato alle manifestazioni e alle lezioni all’Università dei lavoratori. Durante la sua ultima visita a Mosca, ha partecipato con noi a un’azione contro il blocco di Cuba. Ha vissuto. Ha amato.


Anton è partito per il Donbass come volontario. Si è anche offerto per andare al fronte, faceva parte del gruppo degli specialisti sabotatori e ricognitori. Respingendo un attacco al villaggio di Berezovskoje, vicino alla città di Kirovsk, Anton è morto sotto il fuoco dell’artiglieria. È successo la mattina del 18 febbraio 2020. Non aveva paura della morte, ma voleva vivere. Senza paura – così lo definivano i suoi commilitoni.

Dormi bene, caro compagno. La lotta continua, la vittoria sarà nostra!

Tradotto da Red Star Over Donbass
Fonte originale Prometej

Prima delle foibe: quello che i fascisti cercano di insabbiare

10 febbraio, nel cosiddetto #GiornoDelRicordo il reale intento della destra e del centrosinistra (Zingaretti ha persino finanziato un film sul tema, utilizzando i fondi della Regione Lazio) è quello criminalizzare le forze popolari che hanno liberato l’Europa dall’oppressione nazifascista. Selezionano i ricordi che più fanno comodo, ingigantendoli, vogliono tramutare i carnefici fascisti in vittime. Non possiamo permetterlo.

Queste sono le truppe fasciste in Jugoslavia. Questo era il trattamento che fascisti e nazisti riservavano ai partigiani e alle popolazioni slave in generale.

Fascisti decapitano partigiano. 1942, zona di Tolmino.

8 febbraio 1943 – I nazisti impiccano a un albero la diciassettenne partigiana jugoslava Lepa Radić.

8 febbraio 1943 – I nazisti impiccano a un albero la diciassettenne partigiana jugoslava Lepa Radić

Tra i crimini di cui si macchiarono le truppe nazifasciste in Jugoslavia, oltre agli innumerevoli massacri, sono tristemente note le torture e le mutilazioni ai danni della popolazione civile. La storia di Ruza Petrovic è quella di una donna croata che finisce tra le mani dei fascisti italiani, i quali, senza pietà, le cavarono entrambi gli occhi con un pugnale.

Ruza Petrovic, donna croata alla quale i fascisti cavano entrambi gli occhi con un pugnale.

I fascisti italiani consideravano gli slavi come una razza inferiore e il più delle volte le foibe furono utilizzate dagli stessi nazifascisti per disfarsi della popolazione slava che si ribellava all’occupazione, sia civili che partigiani. Quegli stessi corpi oggi vanno a gonfiare i numeri già ingigantiti dalla propaganda.

“Di fronte a una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone.
I confini d’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani.”

«Poesia per bambini “In fondo alla foiba” tratta da “La Venezia Giulia: Trieste e Istria” Paravia, Torino, 1925.
In questo testo, “approvato” per l’uso nelle scuole, si insegnava che il “dovere” di difendere la “favella di Dante” si concretizzava nel far finire in fondo alla “Foiba” (cioè l’orrido che costeggia il castello di Pisino, letto dell’omonimo torrente) coloro che “offendevano” Pisino con parole non italiane: in pratica un invito al massacro delle popolazioni non italiane dell’Istria.» Fonte: Dieci Febbraio

Poesia fascista per bambini: “In fondo alla foiba”

L’Unione Sovietica è la vera vincitrice della Seconda guerra mondiale

Il 6 giugno 1944 cominciava lo sbarco in Normandia principalmente da parte delle truppe di Stati Uniti, Regno Unito e Canada. Nell’immaginario collettivo questo evento segna il tracollo della Germania nazista.
Osservando questo grafico è possibile comprendere come la realtà fosse assai diversa, gran parte della macchina bellica nazista era già stata profondamente fiaccata negli anni precedenti dalla difesa eroica dei comunisti sul Fronte orientale. Come si può notare, infatti, la maggior parte dei soldati della Wehrmacht, a milioni, cadde sotto i colpi sovietici.

Numero dei morti militari durante la seconda guerra mondiale

Referendum sulla conservazione dell’URSS (1991)

17 marzo 1991, pochi sanno che negli ultimi mesi di vita dell’URSS i cittadini sovietici parteciparono in massa a un referendum esprimendo la propria volontà di scongiurare la dissoluzione dell’Unione Sovietica. La vittoria del “Sì” fu schiacciante, al 77,85%. Un evento storico largamente ignorato in occidente e che smonta gran parte della narrazione dei nostri media su quel periodo, i quali cercano invece di ritrarre un popolo che si sarebbe ribellato all'”oppressione comunista”.

Quello che fa certamente riflettere è che, nonostante ogni tentativo delle politiche di Gorbachev di snaturare l’economia sovietica, promuovendo una transizione al capitalismo e spingendo il paese a ripudiare il proprio passato e le proprie conquiste, la popolazione in massa si mise a difesa di quel colossale progetto che fu l’Unione Sovietica.

Ignorando i risultati del referendum, nel dicembre dello stesso anno, Gorbachev si dimise da presidente dell’Unione Sovietica e conferì tutti i poteri al presidente della Russia, Boris Eltsin, il quale portò a compimento la sua missione e quella della cricca anticomunista che aveva scalato il partito: ammainare la bandiera sovietica dal Cremlino.

Vi riproponiamo questa interessante infografica di Rianovosti del 2011 che abbiamo tradotto e rielaborato, e alla quale abbiamo apportato anche delle correzioni ai dati delle votazioni.

Le trame della CIA in Italia: elezioni falsificate e colpi di stato

Gli Stati Uniti parlano tanto di democrazia e della sua esportazione, tanto che nel suo nome hanno causato guerre, colpi di stato e milioni di morti rivelandosi la maggiore minaccia alla pace dei popoli che da sempre vogliono liberarsi dal giogo imperialista, per poi tuonare invece contro coloro che hanno osato interferire nelle loro elezioni. Ma cosa intendono con la parola democrazia? A seguito di una ricerca riporto qui alcuni documenti che rispondono chiaramente a questa domanda più specificatamente per quanto riguarda l’Italia: Continua a leggere