Prima delle foibe: quello che i fascisti cercano di insabbiare

10 febbraio, nel cosiddetto #GiornoDelRicordo il reale intento della destra e del centrosinistra (Zingaretti ha persino finanziato un film sul tema, utilizzando i fondi della Regione Lazio) è quello criminalizzare le forze popolari che hanno liberato l’Europa dall’oppressione nazifascista. Selezionano i ricordi che più fanno comodo, ingigantendoli, vogliono tramutare i carnefici fascisti in vittime. Non possiamo permetterlo.

Queste sono le truppe fasciste in Jugoslavia. Questo era il trattamento che fascisti e nazisti riservavano ai partigiani e alle popolazioni slave in generale.

Fascisti decapitano partigiano. 1942, zona di Tolmino.

8 febbraio 1943 – I nazisti impiccano a un albero la diciassettenne partigiana jugoslava Lepa Radić.

8 febbraio 1943 – I nazisti impiccano a un albero la diciassettenne partigiana jugoslava Lepa Radić

Tra i crimini di cui si macchiarono le truppe nazifasciste in Jugoslavia, oltre agli innumerevoli massacri, sono tristemente note le torture e le mutilazioni ai danni della popolazione civile. La storia di Ruza Petrovic è quella di una donna croata che finisce tra le mani dei fascisti italiani, i quali, senza pietà, le cavarono entrambi gli occhi con un pugnale.

Ruza Petrovic, donna croata alla quale i fascisti cavano entrambi gli occhi con un pugnale.

I fascisti italiani consideravano gli slavi come una razza inferiore e il più delle volte le foibe furono utilizzate dagli stessi nazifascisti per disfarsi della popolazione slava che si ribellava all’occupazione, sia civili che partigiani. Quegli stessi corpi oggi vanno a gonfiare i numeri già ingigantiti dalla propaganda.

“Di fronte a una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone.
I confini d’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani.”

«Poesia per bambini “In fondo alla foiba” tratta da “La Venezia Giulia: Trieste e Istria” Paravia, Torino, 1925.
In questo testo, “approvato” per l’uso nelle scuole, si insegnava che il “dovere” di difendere la “favella di Dante” si concretizzava nel far finire in fondo alla “Foiba” (cioè l’orrido che costeggia il castello di Pisino, letto dell’omonimo torrente) coloro che “offendevano” Pisino con parole non italiane: in pratica un invito al massacro delle popolazioni non italiane dell’Istria.» Fonte: Dieci Febbraio

Poesia fascista per bambini: “In fondo alla foiba”