Articolo di Kit Klarenberg, 4 maggio 2025

Mentre si avvicina il VE Day [Victory in Europe Day], funzionari occidentali, opinionisti e giornalisti stanno ampiamente cercando di sfruttare l’80º anniversario della sconfitta del nazismo per fini politici. I leader europei hanno minacciato di conseguenze negative i rappresentanti statali che parteciperanno alla grande parata della vittoria russa del 9 maggio. Nel frattempo, innumerevoli fonti tracciano paragoni storici tra la politica di appeasement nei confronti della Germania nazista negli anni ’30 e i tentativi dell’amministrazione Trump di raggiungere un accordo con Mosca per porre fine al conflitto per procura in Ucraina.
Come ha scritto The Atlantic a marzo: “Trump sta offrendo a Putin un altro Monaco” – un riferimento all’Accordo di Monaco del settembre 1938, in base al quale le potenze occidentali, guidate dalla Gran Bretagna, concessero una vasta porzione della Cecoslovacchia alla Germania nazista. Le narrazioni dominanti sull’appeasement affermano che quell’accordo ne rappresentò l’apice – l’atto finale che si credeva avrebbe placato definitivamente le ambizioni espansionistiche di Adolf Hitler, ma che in realtà rese inevitabile la Seconda guerra mondiale.
L’“appeasement” è oggi universalmente riconosciuto in Occidente come un tentativo ben intenzionato ma, in definitiva, disastroso e fuorviante di evitare un nuovo conflitto mondiale con la Germania, in nome della pace. Secondo questa lettura, i governi europei fecero alcune concessioni a Hitler, chiudendo un occhio su violazioni eclatanti del Trattato di Versailles del primo dopoguerra, come la creazione della Luftwaffe nel febbraio 1935 e l’occupazione militare della Renania da parte della Germania nazista nel maggio dell’anno successivo.
In realtà, però, dal punto di vista britannico, l’Accordo di Monaco doveva rappresentare solo l’inizio di un processo più ampio che avrebbe dovuto culminare in un “partenariato politico globale” tra Londra e Berlino. Due mesi prima, la Federation of British Industries (FBI), oggi nota come Confederation of British Industry, aveva preso contatto con la sua controparte nazista, la Reichsgruppe Industrie (RI). Le due organizzazioni concordarono con entusiasmo sul fatto che i rispettivi governi dovessero avviare negoziati formali per un’integrazione economica anglo-tedesca.
I rappresentanti delle due organizzazioni si incontrarono di persona a Londra il 9 novembre dello stesso anno. Il vertice fu un successo, e si programmò una conferenza ufficiale a Düsseldorf per il marzo successivo. Quella stessa sera, però, a Berlino scoppiava la Kristallnacht [Notte dei cristalli], durante la quale i paramilitari nazisti incendiarono e distrussero sinagoghe e attività ebraiche in tutta la Germania. Il più famigerato pogrom della storia non impedì tuttavia il proseguimento dei contatti e degli incontri tra i rappresentanti della FBI e della RI. Un mese dopo, fu firmato un accordo formale per la creazione di un cartello internazionale anglo-nazista sul carbone.
I funzionari britannici appoggiarono pienamente questa relazione in crescita, convinti che potesse costituire la base per una futura alleanza con la Germania nazista in altri settori. Inoltre, si sperava che la potenza industriale e tecnologica di Berlino potesse rilanciare l’economia britannica, sia sul territorio nazionale che in tutto l’Impero, che stava progressivamente perdendo terreno rispetto agli Stati Uniti in ascesa. Nel febbraio 1939, rappresentanti del governo e dell’industria britannici si recarono in pellegrinaggio a Berlino per banchettare con alti funzionari nazisti, in vista della conferenza congiunta del mese successivo.
Mentre i rappresentanti della FBI si preparavano a partire per Düsseldorf in marzo, il capo del gabinetto britannico Walter Runciman – fervente sostenitore dell’appeasement e principale artefice dello smembramento della Cecoslovacchia – gli comunicò: “Signori, la pace dell’Europa è nelle vostre mani.” In un macabro scherzo del destino, essi arrivarono il 14 marzo, mentre il presidente cecoslovacco Emil Hácha era a Berlino per incontrare Hitler. Quando gli fu offerta la scelta tra permettere liberamente l’ingresso delle truppe naziste nel Paese oppure vedere Praga rasa al suolo dalla Luftwaffe prima di un’invasione totale, ebbe un infarto.
Una volta rianimato, Hácha scelse la prima opzione. La conferenza di Düsseldorf cominciò la mattina successiva, mentre i carri armati nazisti invadevano indisturbati la Cecoslovacchia ridotta ai minimi termini. In questo contesto mostruoso, FBI e RI elaborarono una dichiarazione in 12 punti. Essa prevedeva “un partenariato economico mondiale tra le comunità imprenditoriali” di Berlino e Londra. Quell’agosto, i rappresentanti della FBI si incontrarono segretamente con Hermann Göring per ratificare l’accordo. Nel frattempo, tramite canali riservati, il governo britannico aveva avanzato a Berlino un’offerta formale di “cooperazione” su vasta scala.

«Partenariato politico»
Nell’aprile del 1938, il diplomatico di lungo corso Herbert von Dirksen fu nominato ambasciatore della Germania nazista a Londra. Convinto nazionalsocialista e antisemita fanatico, nutriva anche un odio viscerale per i polacchi, che considerava subumani, sostenendo con entusiasmo la completa cancellazione della Polonia. Nonostante ciò, grazie alla sua padronanza della lingua inglese e ai modi aristocratici, riuscì a conquistare la simpatia dei funzionari e dei cittadini britannici, venendo ampiamente percepito localmente come il volto “rispettabile” della Germania nazista.

Ancora più importante, però, Dirksen — in linea con molti influenti settori dell’establishment britannico — era convinto che non solo si potesse evitare la guerra, ma che Londra e Berlino potessero forgiare un’alleanza globale economica, militare e politica. I suoi 18 mesi trascorsi nel Regno Unito prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale furono dedicati con impegno instancabile al perseguimento di questi obiettivi, attraverso il mantenimento di canali di comunicazione tra funzionari e decisori dei due Paesi e il tentativo di mediazione di accordi concreti.
Dirksen pubblicò nel 1950 un’autobiografia ufficiale, in cui ripercorreva la sua lunga carriera diplomatica. Tuttavia, una testimonianza ben più rivelatrice sul periodo immediatamente precedente la guerra e sugli sforzi segreti per raggiungere una duratura distensione tra Gran Bretagna e Germania nazista è contenuta nei quasi sconosciuti Dirksen Papers — due volumi pubblicati senza il suo consenso dalla Foreign Languages Publishing House dell’Unione Sovietica. Essi raccolgono corrispondenze private inviate e ricevute da Dirksen, estratti di diario e appunti personali, mai destinati al pubblico.
Il materiale fu ricavato da un enorme archivio ritrovato dall’Armata Rossa dopo la conquista del castello di Gröditzberg, proprietà di Dirksen e sua residenza principale durante gran parte della guerra. Gli storici accademici occidentali hanno ignorato quasi completamente i Dirksen Papers. Che ciò sia dovuto alle loro rivelazioni potenzialmente esplosive, in grado di mettere in discussione le narrazioni consolidate della Seconda guerra mondiale e di svelare verità che il governo britannico preferirebbe restassero sepolte per sempre, è una questione aperta.
Subito dopo l’inizio della guerra, Dirksen sentì «vivamente» il dovere di redigere un’analisi dettagliata del fallimento delle aperture di pace britanniche verso la Germania nazista — e delle sue stesse iniziative. In particolare, si sentì obbligato a farlo poiché «tutti i documenti importanti» dell’ambasciata tedesca a Londra erano stati bruciati in seguito alla dichiarazione formale di guerra da parte del Regno Unito, il 3 settembre 1939. Riflettendo su quell’esperienza, Dirksen scrisse del «fattore tragico e fondamentale dell’ascesa della nuova guerra anglo-tedesca»:
«La Germania chiedeva un posto d’eguale livello rispetto alla Gran Bretagna come potenza mondiale… La Gran Bretagna era, in linea di principio, pronta a concederlo. Ma mentre la Germania pretendeva una soddisfazione immediata, completa e inequivocabile delle sue richieste, la Gran Bretagna — pur essendo disposta a rinunciare ai suoi impegni in Oriente e… a permettere alla Germania una posizione preminente nell’Europa orientale e sud-orientale, nonché a discutere un autentico partenariato politico mondiale — voleva che tutto ciò avvenisse solo tramite negoziato e una revisione graduale della propria politica.»
«Risposta tedesca»
Dal punto di vista britannico, Dirksen si rammaricava che questo cambiamento radicale dell’ordine globale “avrebbe potuto realizzarsi nel giro di mesi, ma non di giorni o settimane.” Un ulteriore ostacolo fu rappresentato dalla “garanzia” offerta da Regno Unito e Francia alla Polonia nel marzo 1939: un impegno a difenderla in caso di attacco tedesco. Questa posizione bellicosa — insieme ai discorsi aggressivi del Primo ministro Neville Chamberlain — contrastava totalmente con i contemporanei approcci conciliatori, come la conferenza di Düsseldorf, e con le posizioni e dichiarazioni private degli alti funzionari britannici ai loro interlocutori nazisti.
In ogni caso, sembra che Londra si sia pentita immediatamente della promessa fatta a Varsavia. Dirksen ricorda nel suo resoconto postumo che, in seguito, importanti funzionari britannici gli confessarono di cercare “un’intesa anglo-tedesca” che “rendesse nulla la politica di garanzie del Regno Unito” e “permettesse alla Gran Bretagna di tirarsi fuori dall’impasse polacca,” lasciando così la Polonia “sola di fronte alla Germania.”
A metà luglio 1939, Horace Wilson — influentissimo alto funzionario e braccio destro di Chamberlain — contattò Helmuth Wohlthat, principale assistente di Göring, durante una visita a Londra. Wilson gli illustrò un “programma di riequilibrio globale delle relazioni anglo-tedesche”, che implicava una revisione radicale degli assetti “politici, militari ed economici” tra i due Paesi. Questo includeva un “patto di non aggressione” con l’esplicito obiettivo di annullare la garanzia britannica a favore di Varsavia. Dirksen annota:
“Lo scopo sottostante di questo trattato era rendere possibile per i britannici liberarsi gradualmente dei loro impegni verso la Polonia, sulla base del fatto che si era… ottenuta da parte della Germania una rinuncia ai metodi di aggressione.”
Vennero inoltre delineate proposte “ampie” di cooperazione economica, con la promessa di avviare negoziati su “questioni coloniali, forniture di materie prime per la Germania, delimitazione dei mercati industriali, problemi del debito internazionale, e applicazione della clausola della nazione più favorita.” Si prospettava anche un riallineamento delle “sfere d’influenza delle Grandi Potenze”, aprendo così la strada ad ulteriori espansioni territoriali naziste. Dirksen sottolinea che questi piani ambiziosi avevano il pieno sostegno dei massimi vertici del governo britannico:
“L’importanza delle proposte di Wilson fu dimostrata dal fatto che invitò Wohlthat a farle confermare personalmente da Chamberlain.”
Durante la sua permanenza a Londra, Wohlthat ebbe anche lunghe conversazioni con il Ministro del Commercio Estero Robert Hudson, che gli disse che “tre grandi regioni offrivano ai due Paesi un immenso campo d’azione economica.” Queste includevano l’Impero britannico, la Cina e la Russia. “Qui un accordo era possibile; così come in altre regioni,” tra cui i Balcani, dove “l’Inghilterra non aveva ambizioni economiche.” In altre parole, la Jugoslavia ricca di risorse sarebbe stata alla portata della Germania nazista, nel quadro di un “partenariato politico mondiale” con Londra.
Dirksen descrisse i contenuti dei colloqui di Wohlthat con Hudson e Wilson in un promemoria “strettamente segreto”, annotando con entusiasmo che “l’Inghilterra da sola non era in grado di gestire adeguatamente il suo vasto Impero, e sarebbe stato del tutto possibile affidare alla Germania una parte piuttosto ampia.” Un telegramma inviato a Dirksen dal Ministero degli Esteri tedesco il 31 luglio 1939 riportava che Wohlthat aveva informato Göring delle proposte segrete britanniche, il quale a sua volta le comunicò al Ministro degli Esteri Joachim von Ribbentrop.
Dirksen nota altrove che Wohlthat chiese espressamente ai britannici come poter dare forma concreta a questi negoziati. Wilson gli rispose che “la cosa decisiva” era che Hitler “manifestasse la sua disponibilità” autorizzando ufficialmente un alto rappresentante nazista a discutere del “programma”. Wilson “sottolineò inoltre con forza quanto il governo britannico tenesse a una risposta tedesca” a queste offerte, aggiungendo che Londra “riteneva che l’unica alternativa fosse lo scivolamento verso la guerra.”
«Regimi autoritari»
Una “risposta” da Berlino, a quanto pare, non arrivò mai. Il 1° settembre 1939 la Germania nazista invase la Polonia; due giorni dopo, la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania — e il resto è storia. Una storia però oggetto di sistematica mistificazione, riscrittura costante e deliberata distorsione. I sondaggi condotti tra i cittadini europei subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale indicavano chiaramente che l’opinione pubblica riteneva l’Armata Rossa la principale responsabile della distruzione del nazismo, mentre il ruolo di Gran Bretagna e Stati Uniti era percepito come marginale.

Ad esempio, nel 1945, il 57% dei cittadini francesi riteneva che Mosca avesse “contribuito maggiormente alla sconfitta della Germania nel 1945” – solo il 20% aveva nominato gli Stati Uniti e il 12% la Gran Bretagna. Nel 2015, meno di un quarto degli intervistati riconosceva il ruolo sovietico, mentre il 54% riteneva che gli Stati Uniti fossero i vincitori finali del nazismo. Nel frattempo, un sondaggio per l’80° anniversario del D-Day, nel giugno 2024, ha rilevato che il 42% dei britannici ritiene che il proprio Paese abbia fatto di più per sconfiggere Hitler di tutti gli altri alleati messi insieme.
Lo stesso sondaggio ha identificato un livello sconcertante di ignoranza tra i cittadini britannici di tutte le età sulla Seconda Guerra Mondiale in generale, con solo due terzi degli intervistati in grado di collocare il D-Day come avvenuto durante quel conflitto. I sondaggisti non hanno valutato la conoscenza da parte dell’opinione pubblica dei tentativi concertati e di lunga data della Gran Bretagna di creare un impero globale con la Germania nazista nel periodo precedente la guerra, anche se c’è da scommettere che la cifra sia all’incirca pari a zero.

Nel frattempo, nel 2009 il Parlamento europeo ha istituito una giornata della memoria il 23 agosto di ogni anno, per “celebrare la Giornata europea della memoria delle vittime di tutti i regimi totalitari e autoritari”. Questa è solo una delle numerose spinte moderne a confondere in modo perverso comunismo e nazismo, trasformando in vittime i collaboratori della Wehrmacht e delle SS, gli autori dell’Olocausto, gli ultranazionalisti e i fascisti dei Paesi liberati dall’Armata Rossa e addossando la colpa della Seconda guerra mondiale alla Russia, con il patto Molotov-Ribbentrop.
Ciò che i funzionari di Londra proposero a Hitler nel 1939 eclissò di gran lunga i termini di quel controverso accordo, ma ovviamente non se ne terrà conto quando nel 2025 si celebrerà il VE Day nelle capitali occidentali. In Gran Bretagna, il governo ha “incoraggiato” il pubblico a organizzare feste di piazza e a partecipare a una marcia di oltre 1.300 soldati in uniforme da Parliament Square a Buckingham Palace. È un’amara ironia che la processione inizierà e terminerà proprio nei luoghi in cui, otto decenni fa, il sostegno alla Germania nazista era più forte nel Paese.