Alexey Markov “Dobriy” è arrivato nel Donbass nel 2014, ha iniziato come soldato semplice fino ad arrivare a comandare la Quattordicesima Brigata Motorizzata della milizia di Lugansk, la Brigata Prizrak di Alexey Mozgovoy.
Alexey, raccontaci, come sei arrivato nel Donbass?
Dal 2014 mi dedicavo alla raccolta degli aiuti umanitari [ndr: in Russia] per la milizia. Ma quell’estate ho deciso di andarci. Abbiamo formato una piccola squadra di 18 persone e siamo venuti ad Alchevsk nella Brigata Prizrak di Alexey Mozgovoy. Siamo qui dal 2014.
Cosa ne è stato di questa squadra, è ancora qui?
Alcuni sono tornati perché feriti, altri sono qui con noi da quasi 3 anni.
Alcuni volontari hanno deciso di abbandonare il Donbass dopo la firma del 2° accordo di Minsk, quando le azioni militari risultarono, diciamo incomprensibili. Lei è rimasto, perché?
Non mi piace lasciare le cose a metà. Prima dobbiamo finire questa guerra una volta per tutte, e poi certo ci sono molti altri motivi. Abbiamo sotterrato molti ragazzi, non voglio che sia stato tutto invano.
Al ritorno la gente ti chiederà: Perché ci sei andato?
Una cosa è tornare con una vittoria, un’altra è tornare senza. Quindi dobbiamo vincere!
Alcuni media hanno sottolineato la differenza che c’è tra i volontari Russi e quelli locali. Crede che ci sia tale differenza?
Di fatto c’è una differenza tra i due gruppi, coloro che sono del posto si arruolano per una motivazione importante: trovare un lavoro e mantenere le proprie famiglie. Per loro il servizio militare è una fonte di guadagno seppur piccolo, in una condizione dove non c’è altro. È chiaro che non viene dalla Russia per guadagnare 15.000 rubli [nda: il salario medio di un soldato].
Dalla Russia invece, soprattutto all’inizio, c’era molta gente che cercava l’avventura, l’adrenalina, e nel momento in cui l’hanno ottenuta e si sono saziati, sono andati via. La tipologia di persona arruolata è cambiata nel tempo, c’è differenza da coloro che c’erano nel 2014 rispetto a oggi, ed è chiaro che ora ci sia meno motivazione ideologica. Oggi ci sono quelli per cui l’esercito è un lavoro. Senza dubbio ci sono russi che si sono sposati, si sono creati una nuova vita, una famiglia. Altri vogliono fare carriera. Altri come me [nda: risata di Dobriy] che si sono abituati alla guerra.
Con le nuove leggi in Ucraina, molti pensano che questa si prepari a una guerra contro la Russia, che prima o poi accadrà. Probabilmente è quel che sarà.
Questo succede per una ragione molto semplice: la soluzione pacifica del conflitto non beneficia l’Ucraina in nessun modo.
Di fatto non hanno altra soluzione, saranno obbligati ad intensificare la guerra per continuare a mantenere il potere.
La nostra situazione è simile. Da parte nostra non abbiamo sufficienti forze per attaccare, gli ucraini hanno sufficienti forze per batterci, ma non sono sufficientemente forti per resistere se la Russia ci aiuta.
Prima la situazione era di parità, ora però sono convinti che possono attaccarci senza che nessuno possa aiutarci, velocemente, prima che la Russia possa reagire, e risollevare la situazione come lo scenario croato, quando la Repubblica Serba di Krajina fu distrutta all’istante. Ci stiamo preparando a questa eventualità.
Il vostro compito quindi è mantenere le posizioni il più a lungo possibile?
Se fossero capaci di prendere la frontiera in pochi giorni, la Russia non potrebbe intervenire perché sarebbe troppo tardi
Per lei, ci sono possibilità che l’Ucraina riesca ad replicare la situazione croata?
Sì, ci sono possibilità, non possono fare altro. Se riescono a prendere il Donbass, questo darà alla “Giunta” più tempo per restare al potere. Con questa vittoria resisterebbero un altro paio d’anni, così da poter giustificare gli altri problemi economici con la necessità di ricostruire le infrastrutture, cosa che provocherebbe ancor più odio nella popolazione del Donbass. Verrebbe giustificato l’aumento delle tasse ed altro. In caso di sconfitta in Donbass, credo che la possibilità della giunta di resistere non sono molte.
Il nostro Comando si sta preparando a questa eventualità?
Non so quali siano i piani del Comando, ma a giudicare dallo sviluppo dei fatti, si stanno preparando a tutto ciò
Ci sono sviluppi nell’inchiesta sulla morte di Alexey Mozgovoy?
Sfortunatamente no. Nell’inchiesta ufficiale ci dicono che “non ci sono progressi”. Ma ho l’impressione che non sia neanche iniziata. Ho partecipato all’inchiesta che sta facendo la Brigata. Personalmente ho raccolto delle prove dalle persone del posto. Niente di tutto questo è stato richiesto. Ho l’impressione che la cosa non interessi nessuno.
Questa sua inchiesta ha dato risultati?
Si abbiamo ottenuto dei risultati, purtroppo non possiamo affermare che questa versione sia certa al 100%, sono prove circostanziali. Sfortunatamente non possiamo dare un nome all’assassino né a chi lo ha ingaggiato, e dare una versione senza prove è inutile.
Sono vive le idee di Mozgovoy? Hanno trovato un successore?
Noi andiamo avanti, non siamo scomparsi. Tutto il Comando attuale del Battaglione è composto da coloro che credono in quelle idee, chi ha preso le armi con queste idee e continua a lottare per quelle, spera che un giorno, anche se non saremo capaci di realizzarle fino alla fine, perlomeno ci andremo vicino.
C’è la tregua per il raccolto. I suoi ragazzi sono nella prima linea del fronte. Ci può raccontare qual è la situazione?
Ci sono stati attacchi e ce ne saranno ancora. In realtà non c’è una tregua vera e propria. Ora è più tranquillo, in un certo modo. Non ci sono, come all’inizio di Giugno, battaglie giornaliere. Questo è successo più che altro per il cambio che c’è stato: la 93° Brigata [ndr: ucraina], prima di avere il cambio, voleva ottenere una vittoria, invece si è verificato il contrario. Volevano mostrare a tutti i costi la loro efficienza. Ma nelle ultime settimane del cambio tutto si è tranquillizzato. Chi è venuto dopo di loro, attacca tutti i giorni, ma ci siamo abituati. Finché la tregua continua noi la rispettiamo.
Il caso di Jelobok, dove due ragazzi sono stati assassinati e ci sono stati prigionieri?
Non è successo proprio a Jelobok, ultimamente è diventata famosa, è un piccolo paese con pochi abitanti, che si trova sulla linea del fronte. Ma non è successo proprio lì.
I suoi uomini erano sul posto?
No, non c’era il nostro Battaglione ma c’era un’altra unità.
Perché tanta brutalità nell’uccidere quei due ragazzi?
Non operavano come esercito ucraino questo è certo. Agivano consapevolmente, forse era un gruppo dell’8° Reggimento delle Forze Speciali, che hanno base a Krimskoye. Operano li e nella nostra zona. In Styla fecero lo stesso. I corpi avevano segni causati da un’intenso interrogatorio, con uso di armi.
I civili sono stati colpiti non tanto dalla guerra quanto dalle torture inferte nelle carceri. Bisogna capire che l’Ucraina si stà trasformando in uno stato nazista, anche se sembra una farsa, una parodia del Terzo Reich, ma uccidono davvero, e come qualsiasi stato nazista uno dei pilastri di base dell’ideologia è disumanizzare il nemico, disumanizzare settori interi della popolazione. Nel Terzo Reich erano gli ebrei e i bolscevichi. I nazi di oggi lo fanno con i russi e con i comunisti, così che niente di quello che accade possa sorprendere. Se i leader supremi del Reich ucraino si permettono di dire che i residenti del Donbass non sono completamente umani, che cosa ci possiamo aspettare dai semplici esecutori?
Secondo lei quali sono le aspettative del Donbass nel prossimo futuro?
Ho molte idee al riguardo, ma non voglio dirle ora. La situazione è molto complicata. Penso che nelle prossime settimane, per l’inizio di Agosto, le cose potrebbero cambiare. Non è un segreto che gli ukrop [ndr: dispregiativo di “soldato ucraino”] si preparano per una soluzione militare, quindi noi ci stiamo preparando per quello. Nonostante la delusione di alcuni soldati più ideologizzati, in relazione all’idea del futuro delle Repubbliche, il morale è alto. I ragazzi sono preparati alla guerra, preparati per la fase attiva delle ostilità. In qualsiasi caso non sarà una vittoria facile ma speriamo che cada dalla nostra parte.
Ci resta solo sperare nella vittoria, che gli uomini restino vivi con forza di spirito e con l’aiuto di Dio.
Sono ateo, quindi per quanto mi riguarda, tutto dipende da noi e dai nostri soldati, e ci stiamo preparando sul serio.
Abbiamo aumentato significativamente il livello d’addestramento. Abbiamo studiato una strategia militare. Tutto si risolverà per il meglio, almeno così speriamo.
Traduzione di Ulla https://www.facebook.com/profile.php?id=100010683376192
dalla traduzione spagnola di Slavyangrad.es https://slavyangrad.es/2017/07/23/alexey-markov-todo-va-a-salir-bien-al-menos-eso-esperamos/